“La mia infelicità veniva dalla mia incapacità di dire no, dal timore che rifiutando un’offerta si creasse una frattura insanabile tra il mio cuore e quello dell’altra persona.”-Oba Yozo
Scheda di lettura:
Autore: Dazai Osamu
Titolo: Lo squalificato
Anno di pubblicazione: 1948 (postumo, pubblicato un mese dopo il suicidio dell’autore)
Editore: Feltrinelli
Genere: Romanzo
Protagonista: Oba Yozo
Pagine: 121
Ambientazione: Giappone dei primi anni Trenta
Trama
La storia è narrata da un narratore esterno che legge tre taccuini scritti da Oba Yozo, protagonista di questi stessi taccuini. In essi, Yozo racconta la sua vita a partire dall’infanzia.
Nel primo taccuino, Yozo descrive i suoi primi anni di vita, il sentirsi incompreso dagli altri bambini e l’incapacità di comprenderli emotivamente. Per conformarsi alla società, Yozo decide di indossare una maschera: finge di essere un buffone, si comporta in modo ridicolo, nascondendo il suo vero sé.
Nel secondo taccuino, Yozo si trasferisce a Tokyo per studiare, ma presto si abbandona a una vita autodistruttiva fatta di alcol, fumo e morfina. Inizia diverse relazioni con varie donne, in particolare con Tsuneko, con la quale tenta un shinju (suicidio di coppia) gettandosi in mare. Solo lei morirà, evento che aggraverà ulteriormente lo stato di Yozo.
Il terzo e ultimo taccuino rappresenta il punto più basso della sua esistenza: Yozo è ormai sopraffatto dalle dipendenze, in particolare dalla morfina. Viene internato in un ospedale psichiatrico, dove arriva a credere di non essere più degno di essere chiamato umano, di essere ormai “squalificato” come essere umano.
L’autore
Osamu Dazai (pseudonimo di Shuji Tsushima) nacque il 19 giugno 1909 e morì il 13 giugno 1948 ed è considerato uno degli esponenti della letteratura giapponese del 900. Nonostante fosse nato in una famiglia benestante, ebbe un’infanzia difficile, il padre essendo politico aveva poco tempo per il figlio (morirà poi quando Dazai avrà appena 14 anni) mentre la madre era estremamente malata, Dazai venne cresciuto ed educato perlopiù dai domestici della sua famiglia e da sua zia Kiye.
Negli anni della sua adolescenza iniziò a scrivere anche se prese una pausa nel 1927 poiché il suo idolo, lo scrittore Ryunosuke Akutagawa si uccise all’età di 35 anni. Dazai smise di studiare ed iniziò a spendere la maggior parte delle sue paghette in vestiti, alcol e prostitute. Provò a suicidarsi la notte del 10 dicembre 1929 ma sopravvisse, diplomandosi l’anno dopo. Si immatricolò alla facoltà di letteratura francese all’Università Imperiale di Tokyo nel 1930, venne espulso poco dopo. Nove giorni dopo l’espulsione tentò il suicidio con una ragazza buttandosi in mare, lei morì e lui sopravvisse. Negli anni successivi iniziò a scrivere più libri ed a utilizzare lo pseudonimo di Osamu Dazai. Nel 1935 provò ad impiccarsi, ma fallì di nuovo. Nello stesso anno diventò dipendente dal Pavinal, un antidolorifico a base di morfina. Nel 1936 venne portato in un ospedale psichiatrico per combattere la sua dipendenza. Quando uscì dall’ospedale tentò il suicidio assieme a sua moglie, fallì. Divorziò e si risposò poco dopo con Michiko Ishihara. Dazai non partecipò alla Seconda Guerra Mondiale poiché era malato di tubercolosi. Dazai nel Dopoguerra divenne famoso e scrisse alcune delle sue storie più famose: “Il Sole Si Spegne” e “Lo Squalificato”. Abbandonò nel 1947 la moglie e i figli per un’estetista di nome Tomie Yamazaki. L’ultimo anno della sua vita scrisse “Lo Squalificato”, la sua opera più famosa fuori dal Giappone, per poi buttarsi nell’Acquedotto Tamagawa insieme a Tomie. I loro cadaveri verranno ritrovati il giorno del 39esimo compleanno di Dazai.
Commento
“Lo Squalificato” di Osamu Dazai è un libro molto breve, che si può leggere tranquillamente in poco tempo. E’ evidente fin dalle prime pagine come questa storia sia in realtà una sorta di autobiografia dello stesso autore: dalla sua infanzia difficile, al suo avvicinamento al marxismo, fino alla dipendenza dalla morfina e ai numerosi tentativi di suicidio. Si tratta di una lettura interessante proprio perché affronta temi complessi e profondi, riflettendoli perfettamente nel protagonista. Con il personaggio di Yozo, Dazai racconta la paura di andare contro le norme sociali, il senso di inadeguatezza, la perdita dell’identità dietro una maschera di finzione e l’alienazione che ne può derivare. Yozo non si sente più umano, perché si percepisce diverso e non più qualificato ad essere una persona. L’unico difetto del libro, se così si può dire, è la durata: poco più di un centinaio di pagine, che in alcuni punti rendono il racconto quasi troppo riassunto, come se certi passaggi venissero solo accennati. Tuttavia, resta una lettura perfetta per chi cerca qualcosa di malinconico, autentico, breve e, sorprendentemente, anche ironico a tratti.
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